Gli adulti non capiscono mai niente da soli ed è una noia che i bambini siano sempre eternamente costretti a spiegar loro le cose.
Il Piccolo Principe – Antoine de Saint Exupéry
Il Natale è unico.
Da qualsiasi punto di vista vogliate considerarlo, il 25 dicembre è il giorno dell’anno in cui più riusciamo a sentire le nostre emozioni prendere il sopravvento. Nel giorno di Natale amore, tristezza, gioia, tenerezza, compassione si fondono in un mix interiore irripetibile.
Qualunque sia la vostra storia e ovunque vi troviate, questo è il mio augurio per voi.
Le storie funzionano meglio dei fatti. Le storie catturano l’attenzione. Le storie vengono ricordate e possono essere molto persuasive. Ecco perché le storie e lo storytelling sono diventati un argomento caldo nella comunicazione di marketing nell’era del “Content is the king”.
Le storie vengono ricordate. Molti studi di psicologia hanno dimostrato che i fatti vengono ricordati in modo più piacevole se sono parte di una storia. In uno di questi studi lo psicologo Arthur Graesser e il suo team proposero ad un gruppo sperimentale dei piccoli testi incentrati su familiarità, interesse e forza narrativa. I testi con maggiore intensità narrativa furono letti nella metà del tempo rispetto agli altri due tipi. Familiarità e interesse fecero meno presa sui soggetti dell’esperimento.
Le storie sono più memorabili dei fatti secchi. Le storie catturano la nostra attenzione perché sono interessanti, relazionali e coinvolgenti. Questo accade perché l’ascoltatore è coinvolto nell’informazione che gli viene comunicata ed il contenuto risuona in modo più piacevole rispetto alla recita dei fatti. Le storie diventano qualcosa da ricordare piuttosto che un elenco di fatti.
Le storie sono persuasive. Non è un concetto moderno: lo storytelling è utilizzato per persuadere da migliaia di anni. Esopo era uno storyteller e le sue favole risalgono al 560 a.C. Centinaia di studi supportano l’ipotesi che i fatti presentati come storie portino ai più grandi mutamenti nelle credenze e nei sentimenti, influenzando cambiamenti negli atteggiamenti, nelle intenzioni e nei comportamenti.
Perché le storie hanno così tanto potere?
Le storie sono persuasive perché inibiscono le obiezioni. Il potere della storia può distrarre il lettore e bloccare il sospetto. Studi confermano che una storia può ridurre la tendenza a controbattere i fatti condivisi. Poiché i messaggi non subiscono confutazioni essi possono arrivare interi in modo più piacevole senza perdere pubblico. Lo storytelling è particolarmente efficace quando riesce a comunicare messaggi che sono oltre la soglia di accettabilità da parte dell’ascoltatore.
Uno storyteller è spesso percepito come più autentico, credibile e piacevole rispetto ad una persona che riporta fatti in modo secco. Semplicemente raccontando una storia, un brand può segnare un punto senza essere percepito come ipocrita, artificioso o commerciale.
Le storie persuadono perché lasciano le persone libere di dedurre. Ricerche e senso comune ci dicono che lo scoprire da soli è molto più potente dell’ avere qualcuno che ci dice le cose. Il potere persuasivo di una storia si intensifica quando una storia include persone in un processo che gli psicologi chiamano trasporto narrativo. Il pubblico è trasportato dalla sua realtà nella storia: quando ciò accade percezioni, attitudini e intenzioni cambiano di riflesso alla storia. Più la storia appare reale maggiore è il suo impatto.
Le storie funzionano. La sfida è trovare le storie giuste da raccontare e utilizzarle per potenziare i tuoi messaggi chiave e cambiare le decisioni relative al tuo brand.
Adoro Napoli. È una città ricca di fascino, tradizione e cultura. Una città dalle forti contraddizioni: il salotto buono a Posillipo e il degrado nero in periferia.
Vi racconto una storia.
A Napoli c’è un quartiere di nome Barra, che conta 40.000 abitanti, gran parte dei quali sono giovani. A Barra manca un teatro, un cinema e qualsiasi altro centro di aggregazione. Barra è il quartiere di Napoli con la percentuale più alta di sfruttamento minorile e di dispersione scolastica. I bambini che non vanno a scuola vengono utilizzati dalla camorra perché non sono imputabili. A proposito di questo, Giancarlo Siani raccontava di un bambino che seguiva il boss portandogli la pistola per non fargli avere problemi.
In questo quadro grigio scuro c’è un sognatore audace che colora di giallo la vita dei ragazzi di questo quartiere insegnando loro l’arte e la bellezza. Con dei trampoli, una chitarra e una bruciante voglia di fare.
Lui è Giovanni Savino ed è il presidente de Il Tappeto di Iqbal, cooperativa sociale che dal 99 lotta contro la mafia e lo sfruttamento minorile. Incontro Giovanni stamattina al Chiostro di San Marcellino, dove è stato invitato dall’ Università di Bath per raccontare dei suoi ragazzi. Ragazzi come Marco Riccio, che a soli 23 anni è stato definito “il miglior cittadino italiano” in Europa, attualmente vice presidente della cooperativa. O come Pietro Esposito che, con il calore della sua voce, in un attimo infrange il freddo formalismo della platea. Come loro altri 15 ragazzi sottratti alla camorra che, grazie al progetto del circo sociale, hanno sviluppato la consapevolezza che una strada alternativa esiste ed è possibile anche per loro.
È la strada della bellezza.
“Il circo sociale vince perché si basa sulla resilienza. Con poche cose si può costruire bellezza. I ragazzi sono attratti dalla malavita per il rischio, vogliono sentirsi grandi. Noi lavoriamo con il rischio positivo. Li sfidiamo a salire sui trampoli e facciamo capire loro che anche l’arte può renderli protagonisti”.
Il progetto di Giovanni prevede l’apertura di un tendone da Circo, luogo autofinanziato per
“poter fare arte e bellezza, ma soprattutto per lavorare per togliere le perle ai porci con o senza cravatta”.
A sostenere Il tappeto di Iqbal nomi celebri della cultura e dello spettacolo come Jacopo Fo, Stefano Benni, David Larible, Paolo Rossi e tanti altri da ogni parte del mondo. Il circo sociale di Barra è entrato nel circuito mondiale di Le Cirque du Soleil e lavora con Save the Children per importanti progetti di tutela dell’infanzia.
“Per lottare contro la mafia non bisogna prendere soldi.
Per lottare contro la mafia occorre portare risultati concreti.
Per lottare contro la mafia bisogna diffondere cultura ed educazione”.
Giovanni Savino
Ma chi era Iqbal?
Iqbal Masih era un bambino pakistano nato nel 1983 in una famiglia molto povera. A soli quattro anni fu venduto da suo padre ad un commerciante di tappeti per saldare un debito di 12 dollari. Costretto a lavorare in condizioni disumane per 12 ore al giorno, Iqbal riuscì a fuggire e riprese a studiare. Nel 1993 cominciò a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla schiavitù infantile e partecipò ad una campagna per boicottare i tappeti pakistani e mettere sotto pressione le autorità di Islamabad. Un anno dopo, a soli 11 anni, fu insignito del premio Reebok Human Rights Award dall’ Università di Boston. Grazie alla miccia innescata da Iqbal, l’attivismo locale e la pressione internazionale provocarono la chiusura di molte fabbriche di tappeti. Era Pasqua e Iqbal giocava sulla spiaggia quando fu ucciso da quella che è stata definita “la mafia dei tappeti”.
La sua morte ha posto il tema del lavoro minorile al centro dell’attenzione mondiale e Iqbal è diventato il simbolo della lotta allo sfruttamento.
Abbiamo mischiato le nostre competenze: Matteo la sua capacità di cogliere i dettagli, io la voglia di raccontare con poche parole le emozioni di una vita.
Indimenticabili le giornate trascorse ad ascoltare le storie raccontate dai nonni del paese. E buffi i momenti in cui ci perdevamo nel tentativo di comprenderli quando ci parlavano in dialetto stretto.
Con gli occhi di un bambino, racconto fotografico diventato una mostra, sarà in esposizione fino al 13 dicembre presso la sala espositiva dietro al Museo degli orologi di San Marco dei Cavoti (BN) in occasione della Festa del torrone e del croccantino . Tornate bambini e lasciatevi emozionare dai racconti dei nonni di uno dei borghi più belli d’Italia!
Una copywriter e un fotografo. Tre giorni in un piccolo borgo antico ad ascoltare storie e catturare istanti di vita. L’odore di cose buone, l’aria pulita e gli occhi lucidi dei nonni del paese.
Tutto è cominciato in un pomeriggio d’ispirazione a Salotto Scafarelli. Sentivamo crescere la voglia di raccontare le storie delle persone e il bisogno di sentire le emozioni che vanno oltre i confini della pelle e toccano l’anima di chi ti sta di fronte.
Nasce così Con gli occhi di un bambino, racconto fotografico di Matteo Anatrella e Maria Teresa Scafarelli in mostra al Museo degli orologi di San Marco dei Cavoti (Benevento) dal 5 dicembre 2015, in occasione della Festa del Torrone , per raccontare la terza età in modo inaspettato.
Fotografia e parole s’intrecciano in un percorso narrativo che mette in luce l’essenza più vera di noi, quella che si sviluppa nel periodo dell’infanzia. Il titolo del progetto ne racchiude l’unicità: lo storytelling fotografico si articola su una prospettiva nuova, assumendo il punto di vista di un bambino e tracciando una linea di congiunzione con il narratore, un anziano che racconta i primi anni della sua vita.
“Nel nostro percorso creativo abbiamo immaginato un abbraccio ideale che congiunge due generazioni, apparentemente distanti ma di fatto profondamente simili. Vogliamo raccontarne la delicatezza, l’ emotività, la fragilità e la bellezza”.
Lo scorso fine settimana sono stata a Verona per l’ inaugurazione di un posto magnifico che si chiama Fonderia Aperta. In Italia c’erano tre fonderie: due sono state smantellate al termine della loro attività e la terza è stata “adottata” da un gruppo di folli visionari che, in 11 anni di ostacoli burocratici e strutturali, hanno restituito a questo luogo fascino e bellezza.
Parlando della nascita di Fonderia Aperta con l’artista Alessandro Capuano, mi è venuta in mente questa teoria e voglio condividerla con voi.
Nel 1969 il professor Philip Zimbardo dell’università di Stanford condusse un esperimento di psicologia sociale. Abbandonò due automobili identiche in due posti socialmente opposti: una fu lasciata nel Bronx, zona povera e conflittuale di New York, l’altra a Palo Alto, zona ricca e tranquilla della California. Due auto identiche abbandonate, due quartieri con popolazioni molto diverse e un team di specialisti in psicologia sociale per studiare il comportamento delle persone nei due posti.
L’auto abbandonata nel Bronx fu smantellata in poche ore. Tutti i materiali che potevano essere utilizzati furono rubati, quelli non utilizzabili distrutti. L’auto lasciata a Palo Alto fu trovata intatta.
A quel punto i ricercatori decisero di rompere un vetro della vettura di Palo Alto innescando un processo imprevisto: furti, violenza e vandalismo ridussero il veicolo nello stesso stato come era accaduto nel Bronx.
Perché il vetro rotto in una macchina abbandonata in un quartiere presumibilmente sicuro è in grado di provocare un processo criminale?
È opinione comune attribuire alla povertà un legame diretto con il crimine. Questo esperimento dimostra che i comportamenti criminali hanno a che fare con la psicologia, con il comportamento umano e con le relazioni sociali.
Un vetro rotto in un’auto abbandonata trasmette un senso di deterioramento, di disinteresse, di noncuranza. Il vetro rotto provoca la sensazione di rottura dei codici di convivenza, di assenza di norme. Ogni nuovo attacco all’auto ribadisce e moltiplica questa idea, innescando una spirale di violenza incontrollata.
La teoria delle finestre rotte, elaborata da Wilson e Kelling, giunge alla conclusione che la criminalità è più diffusa nelle aree dove l’incuria, la sporcizia e l’abuso sono più alti.
Se si rompe un vetro in una finestra di un edificio e non viene riparato, saranno presto rotti tutti gli altri.
Se una comunità presenta segni di deterioramento e questo non interessa a nessuno, fiorisce l’illegalità.
Se piccoli reati, come il parcheggio in luogo vietato, il superamento del limite di velocità o il passare col semaforo rosso, sono tollerati e non puniti, si svilupperanno “difetti maggiori” e poi crimini più gravi.
Se parchi e altri spazi pubblici sono gradualmente danneggiati e nessuno interviene, i cittadini smetteranno di uscire dalle loro case per paura di bande che progressivamente approfitteranno del loro stato di abbandono per occuparli.
In un periodo in cui i teatri chiudono, Fonderia Aperta è l’esempio di come, con visione e buona volontà, sia possibile trasformare una finestra rotta in una finestra aperta per promuovere creatività e cultura.
Uno dei motivi per i quali ho scelto di intraprendere il mestiere di copywriter riguarda il potere delle storie. Sono sempre stata affascinata dalle innumerevoli potenzialità narrative che ciascuna storia racchiude.
Mi spiego meglio.
Provate ad immaginare la vostra vita come un corridoio. Ai lati del corridoio ci sono numerose porte. Dietro a ciascuna porta c’è a sua volta un corridoio con altre porte che accedono ad altri corridoi, così da formare un reticolo interconnesso.
Le porte rappresentano le persone che incontriamo lungo il cammino.
Dagli incontri possono nascere innumerevoli opportunità. Vi spiego cosa intendo..
Ero così presa dalle piccole noie del quotidiano che non mi ero accorta di aver ricevuto un dono meraviglioso.
In qualsiasi momento della mia vita, ovunque nel mondo, ho la possibilità di conoscere persone che hanno una storia diversa da raccontare.
Pensateci un attimo, ciascuno di noi ha un vissuto differente dal quale ha avuto la possibilità di apprendere come funziona un “pezzetto di mondo”. Grazie al confronto fatto di ascolto ed empatia gli incontri hanno il potere di generare idee e progetti extra-ordinari, frutto della mescolanza di culture, visioni e prospettive differenti.
Vi svelo un segreto. Questo dono è stato fatto a tutti noi. Solo che siamo talmente presi a lamentarci di ciò che non va che non ce ne siamo ancora accorti. Chi ha acquisito questa consapevolezza abbraccia la vita e sorride.
La felicità è dietro quella porta. Cosa aspettate ad aprirla?
La domenica è il giorno che più mi ispira per dedicarmi alla lettura. Come qualcuno di voi saprà, la mia casa è invasa da libri di ogni argomento, forma e dimensione. Ecco perché mi è sembrato naturale condividere con voi quelli che sono i miei “libri del cuore“, quelli che per un motivo o per un altro hanno cambiato la mia vita. Questi sono i primi tre. Buona lettura!
Il Piccolo Principe di A.De Saint Exupéry – tascabili Bompiani € 7,90
Alcune persone pensano ingenuamente che il capolavoro di Antoine De Saint Exupéry sia una semplice favola per bambini. In realtà si tratta di un racconto autobiografico in cui l’autore, attraverso il suo alter ego bambino, ci esorta a coltivare la parte più autentica di noi stessi, quella capace di immaginare e di apprezzare il valore delle “piccole” cose. Celebre la frase del protagonista: “L’essenziale è invisibile agli occhi”.
2. L’uomo più ricco di Babilonia di George S. Clason – ed. Gribaudi € 10,50
La persona che mi ha consigliato di leggere questo libro ha influito positivamente sulla vita di milioni di persone. Si tratta di Jim Rohn , filosofo del business e “costruttore di miliardari”. Ho avuto la fortuna di incontrarlo quando ero poco più che adolescente diverse volte in giro per il mondo e i suoi insegnamenti hanno segnato fortemente il mio modo di pensare. Dal libro: “Coltivate le vostre facoltà, studiate e diventate più saggi, acquisite maggiore abilità, agite rispettando voi stessi”.
3. Il Budda nello specchio di Hochswender/Martin/Morino – Esperia € 7,50
Qualsiasi sia la vostra religione, questo volume può aprirvi la mente, invitandovi ad acquisire un punto di vista nuovo sul modo di affrontare la vostra quotidianità. L’autore spiega in modo semplice e coinvolgente un metodo per sviluppare un approccio consapevole agli eventi fondato sull’ ascolto di sé e sullo sviluppo di una solida base interiore. Dal libro: “ Sentirsi felici o infelici dipende da noi. Se non cambiamo il nostro stato di vita non possiamo raggiungere una vera felicità. Ma se cambiamo la nostra condizione interiore, il nostro intero mondo si trasforma.”
In questo articolo la mia fonte d’ispirazione è Tom Peters, noto esperto di top management e autore di best seller come “Alla ricerca dell’eccellenza”, “Tempi pazzi, aziende pazze” e altri libri “magici” per professionisti di tutto il mondo. Questo inciso è opportuno dal momento che, per una questione di trasparenza, reputo giusto informarvi sull’ attendibilità delle mie fonti. Detto questo,
oggi parliamo di eroi, dimostrazioni e storie. Questi i tre elementi da tenere in considerazione.
Gli eroi siete voi, che in un momento di forte ispirazione, avete partorito un’idea. A voi sembra vincente, vostro nipote di 7 anni è un vostro fan, vostro padre vi dice di restare con i piedi per terra. Ma voi ci credete e andate avanti per la vostra strada.
La dimostrazione è un esperimento esaltante che illustra con efficacia una nuova via. Avviene nel sottoscala, brulicante e inaspettata ed è la prova tangibile che il cambiamento è già in atto.
Le demo sono il soggetto delle vostre storie. Howard Gardner, psicologo di Harvard, autore di Leading Minds: An anatomy of leadership, sostiene che il segreto della leadership è l’efficace narrazione di una storia. Se ci pensate un attimo, cosa accomuna le tribù primitive alle moderne tribù aziendali?
La forza della narrazione!
I leader creano significato. Il significato nasce dal racconto di soggetti coerenti che danno vita a storie coinvolgenti che comunicano messaggi nobili.
Il potere delle storie.
Le storie….
…animano i ragionamenti
…inducono all’ azione
…provocano risposte emotive
…mettono in relazione
…sono fonte d’ispirazione
Come creare la vostra storia di successo?
Un racconto funziona quando riesce a creare nella mente dei suoi ascoltatori una visione, in grado di trasformare le parole, elemento impalpabile per eccellenza, in idee tangibili. Voi eroi avete un progetto brillante e per questo è necessario che riusciate a comunicarlo in modo altrettanto brillante. Il tocco visivo è fondamentale per stimolare interesse verso la storia quindi fornite una visione di ciò che raccontate attraverso foto, video, brochure e servitevi di ogni strumento in grado di supportare le vostre spiegazioni. Siate concreti ed incisivi. Mostrate a chi vi ascolta il senso del vostro progetto ed esprimetegli i valori che vi guidano alla conquista del vostro mondo possibile. Audacia, impegno e perseveranza vi condurranno alla vittoria!
La CDF, Creatività Diffusa Puntiforme è una patologia che colpisce il 40% della popolazione mondiale, senza distinzioni di sesso, razza o ceto sociale. Essendo virale, la Creatività Diffusa Puntiforme può essere particolarmente contagiosa nei casi in cui l’individuo venga a contatto con personalità brillanti in grado di produrre ispirazione profonda o innescare ragionamenti che lascino la mente libera di volare oltre gli schemi. Tuo figlio è affetto da Creatività Diffusa Puntiforme se manifesta i seguenti sintomi:
Sogno ad occhi aperti. I processi cerebrali attivati nel “sogno ad occhi aperti” sono gli stessi associati alla fantasia e alla creatività. Quando, guardando tuo figlio, nutrirai il sospetto che abbia la testa tra le nuvole in realtà potrebbe trovarsi in una fase di incubazione creativa.
Osservazione di ogni cosa. Nei casi avanzati la Creatività Diffusa Puntiforme comporta una vivace curiosità unita alla capacità di leggere negli eventi innumerevoli possibilità. Il creativo riesce a cogliere piccoli dettagli e a caricarli di significati profondi e inattesi.
Propensione a lavorare ad orari insoliti. Se tuo figlio ha scambiato il giorno per la notte e non usa più il pannolino da almeno 25 anni, è probabile che segua il flusso della sua mente e strutturi le sue giornate di conseguenza.
Bisogno di solitudine. Gli individui affetti da Creatività Diffusa Puntiforme hanno bisogno di entrare in contatto con la loro parte più intima per riuscire ad esprimere ciò che hanno dentro.
Ricerca di nuove esperienze. La produzione creativa è l’espressione tangibile di un mix di apertura emozionale, attitudine all’ elaborazione fantastica e spiccato orientamento all’ esplorazione.
Necessità di circondarsi di bellezza. L’animo creativo si nutre di bellezza. Il senso estetico va ricercato e contemplato ovunque ed in ogni sua forma.
Perdita della cognizione del tempo. Nello stato di Creatività Diffusa Puntiforme l’individuo si pone in una condizione mentale di totale estraneità rispetto allo scorrere del tempo. La sua concentrazione è tale da renderlo immune da qualsiasi pressione esercitata dall’ ambiente esterno.
Capacità di unire i puntini. Nei casi più gravi di Creatività Diffusa Puntiforme i soggetti costruiscono nella loro mente una visione, frutto dell’incontro di pensieri, idee e situazioni diverse. Talvolta tale visione genera scenari e azioni in grado di condizionare la vita di molti, determinando cambiamenti epocali.
Se hai riconosciuto almeno 6 di questi 8 sintomi tuo figlio è destinato ad essere un individuo fuori dal comune. Tranquillo, in un mondo che funziona al contrario vince chi ragiona abbattendo la rigidità degli schemi e lasciando il pensiero libero di fluire, alla ricerca di associazioni e spunti in grado di arricchirlo e di produrre crescita. E poi ogni tanto, tra tutti gli individui affetti da Creatività Diffusa Puntiforme, emerge un genio. Riconosci qualcuno?
“La creatività è solo saper connettere le cose. Quando si chiede alle persone creative come hanno fatto qualcosa, si sentono un po’ in colpa, perché in realtà non lo fanno, hanno solo visto qualcosa.”
“Non è possibile unire i puntini guardando avanti; potete solo unirli guardandovi all’ indietro. Dovete aver fiducia. Fiducia che in qualche modo, nel futuro, i puntini si potranno unire. Dovete credere in qualcosa.”