Giovedì scorso ho conosciuto un gruppo di giovani sognatori.
Due mesi fa hanno dato vita ad un progetto chiamato “Poesie Metropolitane”: impiegano la poesia in azioni di recupero urbano per coltivare bellezza in aree degradate della città. L’idea mi è piaciuta e così ho deciso di partecipare. Ecco il mio piccolo contributo:
Cammino a piedi nudi nell’anima avvolta da silenzi di cartapesta.
Morbidi tessuti riscaldano ciò che resta del cuore.
Adoro Napoli. È una città ricca di fascino, tradizione e cultura. Una città dalle forti contraddizioni: il salotto buono a Posillipo e il degrado nero in periferia.
Vi racconto una storia.
A Napoli c’è un quartiere di nome Barra, che conta 40.000 abitanti, gran parte dei quali sono giovani. A Barra manca un teatro, un cinema e qualsiasi altro centro di aggregazione. Barra è il quartiere di Napoli con la percentuale più alta di sfruttamento minorile e di dispersione scolastica. I bambini che non vanno a scuola vengono utilizzati dalla camorra perché non sono imputabili. A proposito di questo, Giancarlo Siani raccontava di un bambino che seguiva il boss portandogli la pistola per non fargli avere problemi.
In questo quadro grigio scuro c’è un sognatore audace che colora di giallo la vita dei ragazzi di questo quartiere insegnando loro l’arte e la bellezza. Con dei trampoli, una chitarra e una bruciante voglia di fare.
Lui è Giovanni Savino ed è il presidente de Il Tappeto di Iqbal, cooperativa sociale che dal 99 lotta contro la mafia e lo sfruttamento minorile. Incontro Giovanni stamattina al Chiostro di San Marcellino, dove è stato invitato dall’ Università di Bath per raccontare dei suoi ragazzi. Ragazzi come Marco Riccio, che a soli 23 anni è stato definito “il miglior cittadino italiano” in Europa, attualmente vice presidente della cooperativa. O come Pietro Esposito che, con il calore della sua voce, in un attimo infrange il freddo formalismo della platea. Come loro altri 15 ragazzi sottratti alla camorra che, grazie al progetto del circo sociale, hanno sviluppato la consapevolezza che una strada alternativa esiste ed è possibile anche per loro.
È la strada della bellezza.
“Il circo sociale vince perché si basa sulla resilienza. Con poche cose si può costruire bellezza. I ragazzi sono attratti dalla malavita per il rischio, vogliono sentirsi grandi. Noi lavoriamo con il rischio positivo. Li sfidiamo a salire sui trampoli e facciamo capire loro che anche l’arte può renderli protagonisti”.
Il progetto di Giovanni prevede l’apertura di un tendone da Circo, luogo autofinanziato per
“poter fare arte e bellezza, ma soprattutto per lavorare per togliere le perle ai porci con o senza cravatta”.
A sostenere Il tappeto di Iqbal nomi celebri della cultura e dello spettacolo come Jacopo Fo, Stefano Benni, David Larible, Paolo Rossi e tanti altri da ogni parte del mondo. Il circo sociale di Barra è entrato nel circuito mondiale di Le Cirque du Soleil e lavora con Save the Children per importanti progetti di tutela dell’infanzia.
“Per lottare contro la mafia non bisogna prendere soldi.
Per lottare contro la mafia occorre portare risultati concreti.
Per lottare contro la mafia bisogna diffondere cultura ed educazione”.
Giovanni Savino
Ma chi era Iqbal?
Iqbal Masih era un bambino pakistano nato nel 1983 in una famiglia molto povera. A soli quattro anni fu venduto da suo padre ad un commerciante di tappeti per saldare un debito di 12 dollari. Costretto a lavorare in condizioni disumane per 12 ore al giorno, Iqbal riuscì a fuggire e riprese a studiare. Nel 1993 cominciò a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla schiavitù infantile e partecipò ad una campagna per boicottare i tappeti pakistani e mettere sotto pressione le autorità di Islamabad. Un anno dopo, a soli 11 anni, fu insignito del premio Reebok Human Rights Award dall’ Università di Boston. Grazie alla miccia innescata da Iqbal, l’attivismo locale e la pressione internazionale provocarono la chiusura di molte fabbriche di tappeti. Era Pasqua e Iqbal giocava sulla spiaggia quando fu ucciso da quella che è stata definita “la mafia dei tappeti”.
La sua morte ha posto il tema del lavoro minorile al centro dell’attenzione mondiale e Iqbal è diventato il simbolo della lotta allo sfruttamento.
Nel mio breve passaggio all’Expo realizzo finalmente un desiderio che avevo da tantissimo tempo: godermi lo show degli artisti del Cirque du Soleil!
Nella suggestiva cornice dell’Open Air Theatre è in scena “Alla vita”, lo spettacolo creato dalla compagnia canadese in occasione dell’Expo 2015.
Il Cirque du Soleil nasce negli anni 80 a Baie Saint Paul, un incantevole villaggio situato sulla riva nord del fiume St Lawrence, a est di Quebec City ad opera di Guy Laliberté, giovane artista che, incuriosito dagli abitanti del luogo riunisce musica, teatro e giocoleria in un unico spettacolo per festeggiare la celebrazione del 450mo anniversario della scoperta del Quebec.
#Allavita: Narra la storia di Leonardo, che riceve in dono un seme magico da sua nonna. Da questo seme appare un amico immaginario, Farro, che lo guida in un fantastico viaggio tra stupore, coraggio e speranza.
Lo spettacolo è una commistione di generi: la meraviglia dell’arte del circo contemporaneo s’intreccia con elementi presi dal teatro e dalla danza, il tutto condito da sketch di pagliacci vestiti da improbabili chef.
Di colpo torno bambina, rapita da sonorità suggestive, scenografie avvolgenti e danzatori aerei. Un susseguirsi inaspettato di 14 atti in un’ora che sembra volare.
#Curiosità: In 30 anni oltre 150 milioni di persone hanno assistito agli spettacoli del Cirque, che ad oggi conta 4000 dipendenti di cui 1300 artisti provenienti da 25 paesi del mondo.
Uno show in cui l’inaspettato si mescola alla fiaba, la coralità degli elementi scenici crea un’aura di energia palpabile e l’incanto del sogno diventa possibile.
100 opere di maestri del calibro di Bella, Depero, Klee, Fontana, Kandinsky.
La storia del connubio tra arte e moda.
Un filo conduttore: Il colore.
Tutto questo nella mostra “Missoni, l’arte, il colore” in esposizione al MaGa, museo di arte contemporanea di Gallarate (Va), dal 19 aprile all’ 8 novembre.
L’esposizione rappresenta un importante omaggio alla creatività dei fondatori della maison, Ottavio e Rosita, che, a partire dagli anni 50, creano uno stile inconfondibile, frutto del perfetto equilibrio di mescolanze e contrasti cromatici. Le radici del loro approccio creativo risiedono nello studio della storia dell’arte contemporanea europea, caratterizzata da interessanti innovazioni introdotte nella ricerca su colore, spazio, segno e materia.
Ad arricchire il progetto, reso possibile grazie alla collaborazione con l’Archivio Missoni, una serie di eventi, laboratori ed incontri con protagonisti del mondo dell’arte e della moda.
#Terrynuts. Durante il mio giro tra le meraviglie del colore, sento una musica provenire dall sala degli arazzi.Dal momento che sono curiosa come un gatto mi avvicino a sbirciare. Gruppi di ragazzi si alternano con un’energia contagiosa nell’interpretazione di coreografie hip hop. Si tratta di una performance degli allievi del liceo coreutico Candiani P. Baush di Busto Arsizio (Va) che, seguendo gli imput dell’artista Roberto Fassone, hanno trasformato i gesti di esultanza sportiva in passi di danza. Eccoli:
Ieri pomeriggio presso La Feltrinelli di Piazza dei Martiri a Napoli c’è stata la presentazione del nuovo libro del sociologo Domenico De Masi, dal titolo “Tag, le parole del tempo”. Nel corso della presentazione, abilmente condotta dal giornalista Francesco Durante, il professore ha motivato, con la piacevolezza narrativa che gli appartiene, la scelta di alcune delle “parole chiave” più identificative della società postmoderna. Ventisei parole, ciascuna per lettera dell’alfabeto, per accompagnare il lettore in questa fase di disorientamento e fornirgli nuovi spunti di riflessione. “Aforisma”, “Bellezza”, “Creatività”, ma anche “Interpretazione”,”Lavoro”, “Media”, senza tralasciare “Napoli” e “Roma”, due città alle quali ha dedicato gran parte della sua vita.
De Masi si pone come un esploratore che, con curiosità e gioia, scopre le meraviglie celate dietro la semplicità apparente di ciascuna parola. Affronta temi nodali della nostra cultura invitandoci ad avere una visione più ampia e a pensare oltre gli schemi, ricordandoci che: “L’umanità è composta da 7 miliardi di cervelli” e che “lo sviluppo della rete ci ha aperto a infinite possibilità, l’importante è non restarne fuori“. A proposito di “Ecosistema” parla della ricchezza che nasce dall’incontro di fattori diversi, partendo dal Edge effect fino ad arrivare alla composizione dei gruppi creativi e allo sviluppo del Brasile, esempio eccellente di melting pot di culture.
Nell’era in cui la precisione è affidata alle macchine, che tolgono all’uomo l’incombenza della fatica, provocando la dilatazione del tempo libero, è necessario ripensare a un modello che ponga al centro il primo vero obiettivo dell’essere umano, la felicità. Per riuscirci occorre acquisire la consapevolezza che per raggiungerla bisogna uscire dalle convenzioni e dagli stili di vita consolidati che ci rendono infelici, in vista di una “nuova idea di libertà”.