Era il 1941. Helga Weissova era una bambina che amava disegnare.
Aveva 12 anni quando fu internata a Terezin con la sua famiglia.
Theresienstadt era il nome del campo di concentramento transitorio dal quale i prigionieri venivano smistati ad Auschwitz e Mauthausen.
Helga aveva nascosto sotto il vestito il disegno di un pupazzo di neve. Quando suo padre lo scoprì le disse: “Disegna ciò che vedi” e lei obbedì, raccontando per immagini la realtà dell’olocausto.
Disegnò sua madre che contava i capi di biancheria nel cassettone e suo padre che ne annotava la quantità, perché, prima di essere deportati, gli ebrei dovevano comunicare tutti i loro beni alle autorità.
Disegnò i dormitori spiegando che, prima dell’arrivo dei letti a castello, ogni persona doveva dormire per terra in un metro quadrato e mezzo.
Oggi quei disegni – il pupazzo di neve, le immagini del campo di concentramento, la morte e i carri funebri – sono oggetto della mostra “Disegna ciò che vedi” organizzata dal Comune di Lucca, in esposizione al Palazzo Ducale fino al 6 febbraio.
I disegni della piccola Helga rappresentano un’ importante testimonianza dell’olocausto perché documentano in modo chiaro la vita nel ghetto attraverso il ritratto di un’umanità ferita nel quotidiano.